Thursday, November 8, 2007

Laicità, scienza e natura

Questo blog é stato scritto con Stefano Zapperi http://caterina_laporta.ilcannocchiale/; http://stefanozapperi.ilcanocchiale.it/) Queste riflessioni nascono da continue discussioni tra noi, stimolate dai più recenti avvenimenti italiani. Abbiamo due visioni non sempre identiche. Il fisico e la biologa insieme colgono due aspetti diversi della vita: il perché delle cose nel senso più profondo e la praticità dell’uomo nelle sue mille sfaccettature. Dai nostri dialoghi sono emerse queste riflessioni che abbiamo voluto mettere per iscritto per allargare il dibattito a tutti, e ma sperando di stemperare gli animi in modo che possa emergere una discussione più distesa.
  • Laico chi è costui? (C. La Porta) Siamo tutti bombardati da notizie che annunciano un futuro funesto. La Chiesa e Ratzinger ci rimproverano di andare verso in un’epoca buia in cui rischiamo di perdere gran parte dei nostri valori. I toni sono duri, le facce tristi. Ma dobbiamo veramente vedere tutto così terrificante, stiamo veramente entrando in un tunnel nero, o come al solito i nonni pensano sempre che il loro passato sia migliore del presente, perché loro si che facevano……! Vorrei portarvi nel mio mondo che in questo periodo è così chiacchierato, la scienza e le sue certezze, ma anche le sue debolezze. Mi sono sempre definita laica ma poi sentendo recentemente un seminario tenuto da uno storico ho riflettuto sul significato di questa parola. E' proprio quella giusta o ce ne sono altre sono più adatte a descrivere questo concetto. Nel vocabolario Zanichelli del 1959 (!) in mio possesso, per laico si definisce: “Appartenente al popolo, non iniziato nelle cose sacre” Il termine laicismo si dice: Opinione politica fautrice della laicizzazione.” Quindi i laici sono in contrapposizione con chi è stato iniziato alle cose sacre, quindi indica una netta contrapposizione tra buoni e cattivi. Forse quindi noi laici dovremo modificare il nostro modo di definirci, usando ad esempio la parola “ateo”. Nello Zingarelli si dice: “Senza Dio, chi prescinde da ogni idea religiosa”. Evitare di usare una parola con una forte sfumatura confessionale e usare invece un termine più neutrale potrebbe aiutare a configurarci meglio, anche se non vorrei che l’ateismo diventasse una fede! Essere atei vuol dire non credere nel trascendete così come viene presentato dalle confessioni religiose, niente di più. Il motivo per cui mi sento sotto assedio è che adesso si vuole far passare per “buono” chi si allinea con certi costumi o convenzioni come il battesimo, il matrimonio in chiesa, il funerale religioso e chi invece per mille ragioni segue un percorso diverso, a volte più complesso, viene bollato come “ cattivo”. La Chiesa evoca un futuro funesto causato dalla perdita della “naturalità” e dei valori. Bisogna imparare che non esistono i buoni e i cattivi e che le persone sono molto più sfumate e complesse. Ognuno può credere quello che vuole ma il punto è che non deve costringere gli altri ad essere diversi da come sono. Bisognerebbe essere ragionevoli e quindi come noi non dobbiamo dimostrare che i credenti sbagliano, così anche questi non dovrebbero giudicare gli atei così superficialmente. E’ questo poi un atteggiamento cristiano? il cristiano deve essere una persona intransigente con se stesso e con gli altri? Parlando con molti amici cattolici, questi mi hanno trasmesso la loro tristezza e solitudine perché si sentono molto distanti da questa Chiesa dogmatica che si pone su un piedistallo apparendo molto lontana dalla realtà della gente comune. In questo modo la Chiesa non peggiora forse la sua difficile situazione tra crisi di vocazione e scandali interni di pedofilia? Non dovrebbe difendere i deboli e avvicinarsi a questa società così cambiata nel tempo? La Chiesa pensa veramente che la gente sia ancora analfabeta, che le contrapposizioni nette e irrealistiche facciano il proprio gioco creando tensione, sospetto e paura? Un po’ come fa Bush quando tira fuori lo spauracchio dell’islamismo? E’ veramente questa l’unica possibilità? Non mi sembra, spesso ci dimentichiamo che siamo persone pensanti e che il pensiero ci deve sempre accompagnare anche nei momenti difficili, anzi soprattutto. Non è la ragione che può convincere tutti ad essere uguali, ma la ragionevolezza ci può consentire di vivere in una comunità anche se non sempre siamo tutti d'accordo. I deboli, intesi come minoranze, le donne, i bambini, gli anziani, la gente che non riesce a far sentire la propria voce, possono coesistere e non sentirsi schiacciati se tutti si comportassero con ragionevolezza. In questo mi chiedo se la religione deve essere un fattore discriminante o un elemento di una pluralità, che contribuisce ad un maggiore rispetto delle regole elementari di una società, come non uccidere, non rubare.
  • Il metodo scientifico e la laicità (Stefano Zapperi) Tutti noi ci siamo confrontati prima o poi con la difficoltà ad accettare le differenze. Infatti è molto più rassicurante convivere con ciò che è simile a noi . Questa considerazione sembra evidente quando pensiamo, ad esempio, ai nostri rapporti sociali, ma è meno ovvia quando riflettiamo sull'universo e la natura. E’ naturale per molti pensare ad un mondo che rifletta noi stessi, quindi un mondo che abbia un senso e una finalità, come noi cerchiamo di darlo alla nostra vita. Il credente pensa ad un mondo che sia stato generato da qualcuno per scelta, come noi lo siamo stati dai nostri genitori, e non accetta che il mondo possa esistere indipendentemente da noi e che continuerà a farlo anche quando noi non ci saremo più. La religione sopperisce a tutte queste inquietudini, immaginando un universo totalmente incentrato sull’uomo. Siamo quindi sulla terra per un fine ultimo, esisteremo per sempre, e il mondo è stato creato apposta per noi. Questi pensieri sono forse rassicuranti, ma bisogna crederci. Di fronte alle difficoltà che incontriamo ad interpretare la complessità dei fenomeni naturali, può sorgere la tentazione di affidarsi ad una spiegazione sovrannaturale. Questo tipo di ragionamento è esemplificato dall'ormai famoso discorso di Ratzinger all'università di Ratisbona, dove il trascendente viene giustificato dall'impossibilità di concepire che un sistema organizzato possa sorgere spontaneamente dal disordine. Quindi non sarebbe possibile che la vita si sia formata dalla materia inerte senza un intervento divino. Non bisogna però spaventarsi di fronte a ciò che non si riesce a capire. Se in generale la termodinamica ci dice che il disordine dell'universo tenda sempre ad aumentare, questo non esclude affatto che, in un sistema particolare, dal disordine si possa passare all'ordine. In fisica troviamo moltissimi esempi di sistemi che si organizzano e diventano ordinati al cambiare delle condizioni esterne. Pensiamo ad esempio all'acqua che da liquida diventa solida, trasformandosi in ghiaccio. Nel ghiaccio, le molecole di acqua, che vagavano disordinatamente nel liquido, si ordinano in una struttura cristallina regolare quando la temperatura scende sotto lo zero. Esistono molti fenomeni di auto-organizzazione in cui strutture complesse emergono dalle interazioni tra costituenti elementari più semplici. Chiamiamo complesso un sistema quando il suo comportamento non può essere dedotto semplicemente dalle leggi che regolano i suoi componenti. In un sistema complesso l'insieme non può essere quindi ridotto alle sue parti. I sistemi biologici ne costituiscono gli esempi più lampanti: una cellula è composta di atomi, ma non serve conoscere la meccanica quantistica per comprenderne il comportamento. Allo stesso modo il funzionamento del cervello non può essere dedotto dal comportamento del singolo neurone. La varietà dei sistemi complessi è smisurata, ma questo non vuol dire che non ci sia la possibilità di comprenderne il funzionamento. Esistono esempi di sistemi complessi in fisica che riusciamo a capire abbastanza bene. Non dobbiamo quindi rinunciare a capire di fronte a fenomeni naturali che ci atterriscono per la loro complessità. Bisogna avere invece un atteggiamento aperto e agire con metodo. Al contrario della religione, la scienza non dispensa verità o certezze assolute. La costruzione delle conoscenze scientifiche si basa su un dibattito continuo in cui le idee che ci facciamo su come avvengono i fenomeni naturali vengono confermate o confutate dalle osservazioni. Alla base del processo scientifico vi è la possibilità di fare esperimenti che ci aiutano a isolare i meccanismi che pensiamo siano alla base di un dato fenomeno naturale. Da questo processo apparentemente frammentario emerge poi un quadro complessivo, a volte preciso a volte meno, di come funzioni la natura. Lo scienziato è, o dovrebbe essere, sempre pronto a mettere in discussione le sue idee di fronte a nuovi elementi che non si riescono a spiegare. E anche se il singolo scienziato a volte può essere restio ad abbandonare una sua idea, complessivamente la conoscenza scientifica muta nel tempo sulla spinta delle osservazioni sperimentali. Una utile qualità dello scienziato è la diffidenza di fronte ai risultati altrui, ma soprattutto di fronte ai propri. Ma benché non esistano principi immutabili, la scienza poggia su basi solide proprio perché soggetta allo scrutinio e alla critica dell'intera comunità scientifica.
  • Relativismo, naturalità e biomedicina (Caterina La Porta) Ci sono due parole, naturalità e relativismo, che in questo periodo vanno molto di moda. Sono declamate dalla Chiesa, le leggiamo spesso sui giornali e le ascoltiamo in televisione. Che cosa ci trasmettono? La parola relativismo ci trasmette una grande insicurezza e sembra dire: “attenzione perché a questo punto non ci sono più regole, se cediamo e facciamo qualche compromesso o ammettiamo qualche apertura allora crolleremo”. Mi sembra che la Chiesa sia molto fragile. Sa che sta perdendo colpi, non ci sono vocazioni, la gente non è poi così osservante. Come reazione esorta ad avere paura di un futuro terribile e funesto. Ma è proprio così? Possibile che se passano i DICO si sfascia l’istituzione famiglia? Credo che un po’ di ragionevolezza ci aiuti a capire che le cose non stanno così e che invece la società sta cambiando e sta cercando un suo equilibrio tra le tante pressioni che riceve. Quindi il relativismo in positivo può diventare pluralismo e darci un arricchimento piuttosto che farci perdere qualcosa. Credo Ratzinger sbagli nel creare questa atmosfera oscurantista. Forse l’età anagrafica si fa sentire anche per lui e ci vorrebbe anche in questo caso come per molti altri, una guida spirituale più giovane e dinamica. D'altronde la gerontocrazia alberga in tutti gli ambiti della società italiana e il Vaticano non fa eccezione. Nel campo della biomedicina gridare che non si devono usare gli embrioni umani, mettendo insieme problemi diversi, i DICO, l’ incesto etc, non fa che allontanare il popolo dei credenti pensanti. Poi c’è la questione della naturalità, un concetto che dovrebbe risolvere tutte le controversie, perché se si dice che una cosa è naturale allora è anche giusta. Ma naturale per chi? Chi lo decide e poi cosa vuol dire naturale? Nel regno animale ci sono animali con comportamenti omosessuali, madri che ammazzano i figli e così via. I preti cattolici non si comportano in modo naturale praticando la castità, mentre per l'uomo è invece naturale procreare! Anche qui mi appellerei alla ragionevolezza. In biologia non esistono cose naturali o meno, esiste la Natura! Lo scienziato cerca comprenderne i meccanismi e di decifrarne le regole e per fare questo deve essere aperto al dialogo e al confronto, in modo democratico e relativista. Bisogna essere aperti a ciò che la Natura ci dice senza che la ragione imponga la sua volontà. Quando affermiamo che qualcosa è naturale stiamo usando una ragione, annullando la pluralità di ragioni che è ciò che rende il mondo unico e straordinario. Quindi il bollare, il voler delle nette divaricazioni tra ciò che è giusto e ciò che non lo è, non fa che allontanare e chiudere in se stesso il credente. Io penso che la Chiesa dovrebbe dare prova di maggior coraggio e confrontarsi senza paura con la realtà del mondo che la circonda. Nonostante la Chiesa affermi il contrario, il credere o il non credere dovrebbe essere legato alla sfera personale più profonda e non al comportamento civile di ciascuno, ai suoi principi, al senso della famiglia, o all’amore per i figli. Confrontiamoci serenamente su problemi spinosi quale l’eutanasia, l’uso di cellule staminali e vedremo che ci troveremo in maggiore accordo di quanto la Chiesa ci voglia far credere, perché le persone nel loro insieme sono ragionevoli. Nessuno ha voglia di soffrire quando non ci sono speranze, nessuno vuole ammazzare degli embrioni deliberatamente. Eppure la Chiesa ha compiuto un atto di inaudita violenza: non ha permesso a Welby di avere un funerale religioso! Lui era credente ma non voleva più soffrire senza speranze. E la comprensione cattolica dove è andata a finire? La sofferenza è difficile da sopportare e il Cardinale Martini è stato l’unico all'interno della Chiesa che ha chiaramente espresso una posizione più ragionevole dalle colonne del Corriere della Sera, evidenziando questo aspetto. Non dimenticherò mai Welby, nessun cattolico lo può dimenticare, nessuno, indipendentemente dal fatto di essere credente o meno.

  • Riflessione finale (Caterina La Porta, Stefano Zapperi) Il caso Welby è solo un piccolo esempio delle conseguenze nefaste a cui porta un'etica immutabile e assoluta. Le questioni etiche si devono invece poter discutere per il semplice motivo che da un punto di vista laico non esistono basi per un'etica assoluta. La giustificazione di questa per il credente ha un origine trascendente e non può essere rimpiazzata appellandosi ad una generica natura, il cui significato non è ovvio ma tutto da interpretare. Come avviene nella scienza, bisogna imparare a non dare nulla per scontato e porsi in maniera aperta di fronte ai problemi etici e ai cambiamenti della società, evitando di applicare ciecamente schemi preconcetti ereditati dal passato.

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